Data di pubblicazione:
08 settembre 2010
Veicolo sequestrato
QUESITO DI UN ABBONATO
Il Comando di PM a seguito di un incidente stradale con feriti avvenuto nel 2007 aveva provveduto a sequestrare un ciclomotore coinvolto nell'incidente ai sensi dell'art 193 CDS ed affidarlo al conducente del veicolo che ne prendeva la custodia. Nel 2009 gli veniva notificata l'ordinanza di confisca dalla Prefettura con l'obbligo di consegnare il veicolo alla ditta autorizzata al ritiro. Nell'agosto 2010 venivamo informati dalla Prefettura e dalla ditta incaricata al ritiro che il veicolo non era stato consegnato. Si provvedeva quindi alla verifica e gli agenti dopo aver trovato il ciclomotore lo si trovava completamente spoglio , senza parti meccaniche e targa. Visto che il custode non ha provveduto ai suoi doveri di custodire diligentemente il mezzo, si chiede quale procedura adottare nello specifico.
Grazie.
Come demo del servizio, si pubblica la risposta della redazione.
RISPOSTA DELL'AVV. NICOLA FESTA
Con riferimento al quesito posto dall'abbonato, osservo quanto segue.
Si tratta della questione che riguarda le attività che devono essere svolte in relazione alla ipotesi di confisca amministrativa di un veicolo, ossia lo strumento attraverso il quale il privato, proprietario di un bene, viene privato della sua titolarità in conseguenza della commissione di illeciti che prevedano tale conseguenza.
Il caso di specie è quello del proprietario del ciclomotore che viene coinvolto in un sinistro stradale ed, in seguito alla verifica dei documenti, viene contravvenzionato per il disposto di cui all'art. 193 C.d.S, che reprime la circolazione dei veicoli in assenza della apposita copertura assicurativa ovvero con documenti falsi o contraffatti.
In questo caso, la norma prevede la sanzione amministrativa (rimasta invariata nella recentissima riforma) da 779,00 ad 3.119,00, oltre all'obbligo di dotare il mezzo di idonea polizza assicurativa entro il termine di quindici giorni dall'accertamento e contestazione (essendo, peraltro, consentito al proprietario di manifestare la volontà, nel medesimo termine, di procedere alla demolizione del veicolo).
Esaurite le procedure previste dalla legge, si è giunti all'ordinanza prefettizia di confisca, ma a seguito di questa non è stata eseguita la consegna del bene al soggetto ex art. 214-bis indicato nell'ordinanza stessa. Ed anzi, a seguito di verifica, il ciclomotore è stato rinvenuto completamente spogliato delle parti meccaniche e privo di targa.
Ci si chiede, quindi, quale siano i provvedimenti da adottare nei confronti del responsabile.
La risposta richiede l'analisi coordinata dell'art. 193, il quale a ben vedere richiama in toto l'art. 213, senza alcuna distinzione.
E' principalmente su questa ultima norma che occorre soffermarsi.
In primo luogo, occorre sottolineare come il comma II-quinquies determini l'applicabilità del precedente comma II-bis anche alle ipotesi in cui il veicolo sottoposto a sequestro (prima) ed a confisca (poi) sia un ciclomotore.
Ed è quindi il caso che ci occupa.
E pertanto, ai sensi del comma II-bis, in assenza di spontanea ottemperanza all'obbligo contenuto nell'ordinanza prefettizia - di consegna al soggetto abilitato, l'attività viene svolta d'imperio dall'organo procedente, con adeguata verbalizzazione delle operazioni svolte.
Il problema "pratico" può quindi essere agevolmente risolto attraverso l'applicazione, al caso di specie, del disposto di cui al citato comma II-bis dell'art. 213.
Sarà il comando procedente ad inviare sul posto il soggetto indicato dal Prefetto come destinatario finale del bene (ovvero della demolizione, come pare raccomandabile nel caso di specie), ad assisterlo nelle operazioni di prelievo del mezzo (o di quel che ne rimane..) e nella asportazione per il trasferimento; il tutto, dovrà essere adeguatamente verbalizzato, ed avviene con spese a carico del custode.
Ci si domanda, a questo punto, quali provvedimenti siano adottabili nei confronti del responsabile di tale condotta.
In primo luogo, è ben vero che il comma II-bis più volte citato fa espressamente salva la "eventuale denuncia" del custode all'autorità giudiziaria, quando egli come chiaramente nel caso di specie - non abbia adempiuto a quanto impostogli e si configurino a suo carico estremi di reato.
Viene in considerazione l'art. 650 cod. pen., il quale punisce il soggetto che abbia in ottemperato ad un ordine legittimo della pubblica autorità, che sia stato dato per ragioni di giustizia, di sicurezza pubblica, di ordine pubblico o di igiene.
Con ogni evidenza, l'omessa custodia del ciclomotore ed il suo mancato trasferimento a cura e spese del trasgressore non riguardano di certo ragioni di ordine pubblico, di igiene o di sicurezza della popolazione, e quindi sotto tali profili non apparirebbe giustificata una denuncia all'autorità giudiziaria sulla basi di tali motivazioni. Ma nemmeno, a parere di chi scrive, potrebbe sostenersi che la mancata custodia del veicolo e la sua mancata, spontanea restituzione costituiscano pericolo per la sicurezza pubblica, in quanto non vi è prova della circolazione illecita del mezzo, e del resto il suo "abbandono" in una determinata area, privo di parti meccaniche, risulta indifferente in relazione alle esigenze sottese alla norma di cui all'art. 650 c.p.
Sul punto, peraltro, non si rinviene alcuna giurisprudenza, e si propende per sconsigliare l'utilizzo di questo strumento penale al fine di sanzionare il responsabile.
Più attinente al caso di specie è l'ipotesi di cui agli artt. 334 e 335 cod. pen., che occorre analizzare.
Il comma II della prima norma punisce, con reclusione e multa, il proprietario del bene sottoposto a sequestro penale o amministrativo (come nel caso di specie) ed affidato alla sua custodia, che lo sottragga, deteriori, disperda o distrugga.
Nel caso di specie ricorrono senza dubbio gli elementi oggettivi e concreti della sottrazione (riferita alle singole parti asportate) e del rapporto di custodia, nonché l'identità tra il proprietario del bene ed il custode.
Qualche dubbio potrebbe porsi solo, a parere di chi scrive, in relazione all'elemento del dolo, che nel I comma della norma è sicuramente specifico (e consiste nello scopo di favorire il proprietario, dal momento che il bene è affidato alla custodia altrui, in quella ipotesi), ma nel II comma non viene menzionato. Delle due l'una: o nel II comma è da ritenere sottinteso il medesimo dolo specifico, consistente nell'intenzione di favorire sé stesso (ciò che può essere chiaramente desunto dall'asportazioni delle parti meccaniche del ciclomotore, che hanno un valore economico intrinseco), ovvero viene in considerazione il solo dolo generico, consistente nella volontà di commissione della condotta costituente reato, ed anche in questo caso la condotta censurata verrebbe a configurarsi.
Viceversa, non pare confacente al caso di specie il contenuto dell'art. 335 c.p., in quanto configura una responsabilità colposa, che non è immediatamente ravvisabile nel caso di specie descritto. Ma a ben vedere, le eventuali dichiarazioni del responsabile potrebbero fare propendere in questo senso quando egli dichiari di non avere volontariamente (a prescindere dalla credibilità di tali affermazioni, che eventualmente dovrebbero essere supportate da una denuncia contro ignoti che egli abbia sporto, al fine di denunciare la sparizione di parti meccaniche) asportato le parti del ciclomotore, con ciò stesso evidenziando una propria negligenza nella custodia e concretizzando proprio la condotta censurata dall'art. 335.
Può venire in considerazione anche l'art. 388 cod. pen., il quale punisce la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento dell'autorità.
La maggior parte degli autori ritiene che l'espressione "autorità" vada intesa in senso strettamente riferito a quella giudiziaria, e non anche amministrativa come nel caso che ci interessa.
A ben vedere, comunque, il riferimento a tale norma non appare del tutto pertinente, in quanto le condotte ivi censurate riguardano i beni sottoposti a sequestro dell'autorità giudiziaria (I comma; così invece non è nel caso di specie, in quanto il sequestro è disposto dall'autorità amministrativa) ovvero disposto in materia di affidamento di minori o persone incapaci (II comma; nessun riferimento con i fatti descritti) ovvero ancora sia di tipo giudiziario o conservativo o pignoratizio (III comma; il rilievo è quindi civilistico). Non pare quindi che l'art. 388 sia utilmente riconducibile al caso di specie.
Soluzione salomonica: potrebbe essere utile procedere alla denuncia del responsabile ai sensi degli artt. 334 e 335 (nonché, al limite, 388), ovvero ad una sola delle ipotesi, lasciando alla opportuna discrezionalità del Pubblico ministero la qualificazione giuridica del fatto e la conseguente formulazione dell'imputazione.
Si ravvisano, in ogni caso, elementi di rilevanza penale nella condotta descritta.
Per quanto attiene al rilievo amministrativo della condotta in esame, non si rilevano ulteriori conseguenze di tale tipo in capo al responsabile, rispetto alle contravvenzioni che già siano state irrogate nei confronti del responsabile. In altre parole, la negligente custodia (ovvero, la dolosa violazione dei dover che incombono sul custode stesso), al di fuori della illegittima circolazione nel periodo di sequestro (che viene sanzionata anche in via amministrativa ai sensi del comma IV dell'art. 213) non configura anche un ulteriore illecito amministrativo.
www.poliziamunicipale.it - riproduzione riservata
Il Comando di PM a seguito di un incidente stradale con feriti avvenuto nel 2007 aveva provveduto a sequestrare un ciclomotore coinvolto nell'incidente ai sensi dell'art 193 CDS ed affidarlo al conducente del veicolo che ne prendeva la custodia. Nel 2009 gli veniva notificata l'ordinanza di confisca dalla Prefettura con l'obbligo di consegnare il veicolo alla ditta autorizzata al ritiro. Nell'agosto 2010 venivamo informati dalla Prefettura e dalla ditta incaricata al ritiro che il veicolo non era stato consegnato. Si provvedeva quindi alla verifica e gli agenti dopo aver trovato il ciclomotore lo si trovava completamente spoglio , senza parti meccaniche e targa. Visto che il custode non ha provveduto ai suoi doveri di custodire diligentemente il mezzo, si chiede quale procedura adottare nello specifico.
Grazie.
Come demo del servizio, si pubblica la risposta della redazione.
RISPOSTA DELL'AVV. NICOLA FESTA
Con riferimento al quesito posto dall'abbonato, osservo quanto segue.
Si tratta della questione che riguarda le attività che devono essere svolte in relazione alla ipotesi di confisca amministrativa di un veicolo, ossia lo strumento attraverso il quale il privato, proprietario di un bene, viene privato della sua titolarità in conseguenza della commissione di illeciti che prevedano tale conseguenza.
Il caso di specie è quello del proprietario del ciclomotore che viene coinvolto in un sinistro stradale ed, in seguito alla verifica dei documenti, viene contravvenzionato per il disposto di cui all'art. 193 C.d.S, che reprime la circolazione dei veicoli in assenza della apposita copertura assicurativa ovvero con documenti falsi o contraffatti.
In questo caso, la norma prevede la sanzione amministrativa (rimasta invariata nella recentissima riforma) da 779,00 ad 3.119,00, oltre all'obbligo di dotare il mezzo di idonea polizza assicurativa entro il termine di quindici giorni dall'accertamento e contestazione (essendo, peraltro, consentito al proprietario di manifestare la volontà, nel medesimo termine, di procedere alla demolizione del veicolo).
Esaurite le procedure previste dalla legge, si è giunti all'ordinanza prefettizia di confisca, ma a seguito di questa non è stata eseguita la consegna del bene al soggetto ex art. 214-bis indicato nell'ordinanza stessa. Ed anzi, a seguito di verifica, il ciclomotore è stato rinvenuto completamente spogliato delle parti meccaniche e privo di targa.
Ci si chiede, quindi, quale siano i provvedimenti da adottare nei confronti del responsabile.
La risposta richiede l'analisi coordinata dell'art. 193, il quale a ben vedere richiama in toto l'art. 213, senza alcuna distinzione.
E' principalmente su questa ultima norma che occorre soffermarsi.
In primo luogo, occorre sottolineare come il comma II-quinquies determini l'applicabilità del precedente comma II-bis anche alle ipotesi in cui il veicolo sottoposto a sequestro (prima) ed a confisca (poi) sia un ciclomotore.
Ed è quindi il caso che ci occupa.
E pertanto, ai sensi del comma II-bis, in assenza di spontanea ottemperanza all'obbligo contenuto nell'ordinanza prefettizia - di consegna al soggetto abilitato, l'attività viene svolta d'imperio dall'organo procedente, con adeguata verbalizzazione delle operazioni svolte.
Il problema "pratico" può quindi essere agevolmente risolto attraverso l'applicazione, al caso di specie, del disposto di cui al citato comma II-bis dell'art. 213.
Sarà il comando procedente ad inviare sul posto il soggetto indicato dal Prefetto come destinatario finale del bene (ovvero della demolizione, come pare raccomandabile nel caso di specie), ad assisterlo nelle operazioni di prelievo del mezzo (o di quel che ne rimane..) e nella asportazione per il trasferimento; il tutto, dovrà essere adeguatamente verbalizzato, ed avviene con spese a carico del custode.
Ci si domanda, a questo punto, quali provvedimenti siano adottabili nei confronti del responsabile di tale condotta.
In primo luogo, è ben vero che il comma II-bis più volte citato fa espressamente salva la "eventuale denuncia" del custode all'autorità giudiziaria, quando egli come chiaramente nel caso di specie - non abbia adempiuto a quanto impostogli e si configurino a suo carico estremi di reato.
Viene in considerazione l'art. 650 cod. pen., il quale punisce il soggetto che abbia in ottemperato ad un ordine legittimo della pubblica autorità, che sia stato dato per ragioni di giustizia, di sicurezza pubblica, di ordine pubblico o di igiene.
Con ogni evidenza, l'omessa custodia del ciclomotore ed il suo mancato trasferimento a cura e spese del trasgressore non riguardano di certo ragioni di ordine pubblico, di igiene o di sicurezza della popolazione, e quindi sotto tali profili non apparirebbe giustificata una denuncia all'autorità giudiziaria sulla basi di tali motivazioni. Ma nemmeno, a parere di chi scrive, potrebbe sostenersi che la mancata custodia del veicolo e la sua mancata, spontanea restituzione costituiscano pericolo per la sicurezza pubblica, in quanto non vi è prova della circolazione illecita del mezzo, e del resto il suo "abbandono" in una determinata area, privo di parti meccaniche, risulta indifferente in relazione alle esigenze sottese alla norma di cui all'art. 650 c.p.
Sul punto, peraltro, non si rinviene alcuna giurisprudenza, e si propende per sconsigliare l'utilizzo di questo strumento penale al fine di sanzionare il responsabile.
Più attinente al caso di specie è l'ipotesi di cui agli artt. 334 e 335 cod. pen., che occorre analizzare.
Il comma II della prima norma punisce, con reclusione e multa, il proprietario del bene sottoposto a sequestro penale o amministrativo (come nel caso di specie) ed affidato alla sua custodia, che lo sottragga, deteriori, disperda o distrugga.
Nel caso di specie ricorrono senza dubbio gli elementi oggettivi e concreti della sottrazione (riferita alle singole parti asportate) e del rapporto di custodia, nonché l'identità tra il proprietario del bene ed il custode.
Qualche dubbio potrebbe porsi solo, a parere di chi scrive, in relazione all'elemento del dolo, che nel I comma della norma è sicuramente specifico (e consiste nello scopo di favorire il proprietario, dal momento che il bene è affidato alla custodia altrui, in quella ipotesi), ma nel II comma non viene menzionato. Delle due l'una: o nel II comma è da ritenere sottinteso il medesimo dolo specifico, consistente nell'intenzione di favorire sé stesso (ciò che può essere chiaramente desunto dall'asportazioni delle parti meccaniche del ciclomotore, che hanno un valore economico intrinseco), ovvero viene in considerazione il solo dolo generico, consistente nella volontà di commissione della condotta costituente reato, ed anche in questo caso la condotta censurata verrebbe a configurarsi.
Viceversa, non pare confacente al caso di specie il contenuto dell'art. 335 c.p., in quanto configura una responsabilità colposa, che non è immediatamente ravvisabile nel caso di specie descritto. Ma a ben vedere, le eventuali dichiarazioni del responsabile potrebbero fare propendere in questo senso quando egli dichiari di non avere volontariamente (a prescindere dalla credibilità di tali affermazioni, che eventualmente dovrebbero essere supportate da una denuncia contro ignoti che egli abbia sporto, al fine di denunciare la sparizione di parti meccaniche) asportato le parti del ciclomotore, con ciò stesso evidenziando una propria negligenza nella custodia e concretizzando proprio la condotta censurata dall'art. 335.
Può venire in considerazione anche l'art. 388 cod. pen., il quale punisce la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento dell'autorità.
La maggior parte degli autori ritiene che l'espressione "autorità" vada intesa in senso strettamente riferito a quella giudiziaria, e non anche amministrativa come nel caso che ci interessa.
A ben vedere, comunque, il riferimento a tale norma non appare del tutto pertinente, in quanto le condotte ivi censurate riguardano i beni sottoposti a sequestro dell'autorità giudiziaria (I comma; così invece non è nel caso di specie, in quanto il sequestro è disposto dall'autorità amministrativa) ovvero disposto in materia di affidamento di minori o persone incapaci (II comma; nessun riferimento con i fatti descritti) ovvero ancora sia di tipo giudiziario o conservativo o pignoratizio (III comma; il rilievo è quindi civilistico). Non pare quindi che l'art. 388 sia utilmente riconducibile al caso di specie.
Soluzione salomonica: potrebbe essere utile procedere alla denuncia del responsabile ai sensi degli artt. 334 e 335 (nonché, al limite, 388), ovvero ad una sola delle ipotesi, lasciando alla opportuna discrezionalità del Pubblico ministero la qualificazione giuridica del fatto e la conseguente formulazione dell'imputazione.
Si ravvisano, in ogni caso, elementi di rilevanza penale nella condotta descritta.
Per quanto attiene al rilievo amministrativo della condotta in esame, non si rilevano ulteriori conseguenze di tale tipo in capo al responsabile, rispetto alle contravvenzioni che già siano state irrogate nei confronti del responsabile. In altre parole, la negligente custodia (ovvero, la dolosa violazione dei dover che incombono sul custode stesso), al di fuori della illegittima circolazione nel periodo di sequestro (che viene sanzionata anche in via amministrativa ai sensi del comma IV dell'art. 213) non configura anche un ulteriore illecito amministrativo.
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